top of page

PenInsula

Ore 17:30, scappo da lavoro come una biscia. Il guardiano mi saluta con quel sorriso beffardo, di chi sta ridendo dentro di sè, soppesando la differenza fra un ciclista ed una ballerina in tutù...

Ma ho bisogno di vedere il mare e come la lucertola dei Faraglioni di Capri, mi mimetizzo di nero-azzurro, vestendo fiero i colori della squadra Globosurf.

Uscire da questa pazza metropoli chiamata Neapolis è sempre un dramma. Ingorghi di auto in tutte le direzioni, manovre incoscienti ad U, portiere che si aprono come portaerei. E chilometri di pavè che metterebbero a dura prova anche Tom Boonen, il gigante belga delle Fiandre. Menomale che il modello della bici è marcato "Secteur" ed il telaio sembra ammortizzare le sconnessioni, ma appena mi alzo sui pedali il retrotreno rimbalza come una palla da basket!

Posso solo spegnere il cervello ed immaginare di essere Altrove: le automobili sono in fondo solo un mucchio di scatole di latta incolore ed io un pittore che le dipinge con tratti veloci, sinuosi.

Un disegno di una danza tribale sul ritmo della sopravvivenza, la lotta della forza umana contro quella delle macchine in un budello primordiale di gas.

Rovigliano, Pozzano, Scrajo.

Arriva finalmente il mare. Aggrappato al manubrio vedo scorrere sotto di me una striscia blu. Come un gabbiano mi inarco per sfruttare le correnti. I piedi fluttuano leggeri nell'aria.

So che durerà poco questa sensazione, la strada inizierà a salire ma dolcemente. Chiudo gli occhi e penso: <<concentrati, ascolta i battiti e sincronizzali  con le gambe, la sensazione di fatica è la benzina di un ciclista Zen.>>

Ora posso riaprire le palpebre, alzare lo sguardo al cielo e riempire i polmoni di ossigeno. 

Salendo, l'aria si fa sempre più fine e pulita. Come un cartografo disegno le forme dei pendii, traccio le distanze e le quote che mi separano dai Borghi. Sono i 13 Casali di Vico Equense, un insieme di mani che si uniscono per abbracciare i colli dei Monti Lattari. 

Casale di Moiano. Inizia il tratto più emozionante ed ovviamente più duro! Preso dall'entusiasmo cerco di sfruttare l’effetto pendolo, ma nello scatto cade la catena! Cerco di farla risalire in corsa ma devo fermarmi per evitare di spaccare il cambio.

Riparto. I tronchi di castagno mi avvolgono in una "ola", splendono in controluce in un tramonto a colori di candela, le foglie ondeggiano sussurandomi sibili di incitamento.

 

Le pendenze superano il 10% ed anche col 34/32 devo continuamente alzarmi sui pedali per non piantarmi e rischiare la catapulta. La sagoma del Molare mi osserva, severo mi aspetta in cima come un pastore fa con la sua pecora smarrita, che sopraggiunge in ritardo scalpitando. La strada spiana e posso finalmente rifiatare, in un ultimo scatto raggiungo il paradiso. L'asfalto finisce ma una striscia di sterrato mi richiama affascinante: una gonna di fiori e di spighe di grano. Mi tuffo dentro per sentirne il profumo, annusare la libertà.

Come d’incanto sia apre sotto i miei piedi il Golfo di Salerno. Da qui sembra di volare sopra Montepertuso, Nocelle, Positano. La Magia che solo una Penisola può dare, una Sirena che si distende leggera ed imponente, baciata costantemente dal mare, dalle caviglie al collo, dalle cosce ai capelliSagome calcaree si stagliano verticali e precipitano nel blu. Dirupi di terra fertile dove la vita cresce contro le leggi della fisica, aggrappandosi ad un lembo di speranza.

Ora posso iniziare la discesa. Mi fiondo giù, felice, scortato per un po’ da tre Bracchi maculati. Sto inseguendo il Sole, che si gode un'altra giornata immergendosi nel Mediterraneo.

Al Casale di Alberi scelgo di deviare per Meta. Una rampa al 20% mi riporta in picchiata in pianura per un'altra bella dose di adrenalina: i freni a disco si infuocano, e le ruote  sgommano sui sanpietrini! Ritornato nel caos della statale, mi tocca superare ancora un’ardua prova di slalom gigante...

 

Proseguo verso Sud, alla ricerca di un nuovo paradiso. Sento il richiamo della Regina Giovanna e dei suoi "Bagni", come un balenottero sente gli ultrasuoni della propria mamma provenire dagli abissi. Supero velocemente il centro di Sorrento e raggiungo il Capo per gettarmi a capofitto in un single track verso il mare. La strada di pietra riflette la luce, uno stargate che si illumina dall’arancio al rosa, al violetto ed infine al blu. Mi catapulta in una nuova Dimensione, con un viaggio nel tempo atterro sul tetto della casa del Patrizio Pollio.

Sono ad una sua festa-banchetto e con me ci sono gli altri nobili Romani. Mi mostra i mosaici, la vigna, i terazzi, i pontili per l'attracco, le torri di avvistamento, il sistema fognario all'avanguardia, ispezionabile per non inquinare il mare. Come una creatura marina nuoto nelle sue stanze, sul dorso di un delfino cavalco le onde del tempo.

La voce delle onde finalmente mi rilassa. Stendo i tendini affaticati dalla discesa. E’ ora di risalire e tornare alla realtà.

bottom of page